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Pescespada morso da uno squalo. Il racconto dell’equipaggio della feluca “Zeus”.

La Capitaneria di Porto aveva segnalato qualche giorno fa la presenza di squali nello Stretto. Una presenza in verità che non è estranea alla storia della pesca in queste zone, anche se dagli ultimi avvistamenti pare che il numero di squali sia aumentato rispetto al passato. Lo dimostra anche l’esito di una giornata di pesca al pescespada per l’equipaggio della Zeus, una delle più antiche feluche dello Stretto (barche caratteristiche munite di un’alta torretta di avvistamento e di un lungo ponte a prua per lanciare la fiocina al pescespada), il cui equipaggio di pescatori nel recuperare un pescespada impigliatosi in una rete tesa nelle acque del paese di Ganzirri, hanno visto in esso i segni evidenti del morso dello squalo. Il pescespada, infatti, è rimasto circa un’ora nel fondale, a circa 100 metri dalla riva, ad una profondità di circa 35 metri: il tempo sufficiente a stimolare la voracità degli squali (quando sentono l’odore del sangue o vedono un altro pesce che si muove con difficoltà, lo divorano). “E’ normale che in questo periodo – ammette il capobarca della Zeus Giuseppe Mancuso, uno dei più anziani fiocinatori dello Stretto – si avvistano squali, che si nutrono prevalentemente di pescespada e tonni. Gli squali – continua Mancuso – hanno sempre fatto parte del nostro ecosistema, vivono nei fondali e non hanno mai attaccato l’uomo”.

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