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Il movimento femminista bergamasco prende atto della risposta del direttore artistico, Francesco Micheli, e della sua disponibilità a dialogare con esso, “nella speranza che anche questo piccolo passo possa farci avanzare, con atti concreti, verso una società più rispettosa di tutte e tutti,” e gli invia la seguente nota:

Bergamo, 14 ottobre 2020 – “Come immaginavamo tra i vari commenti ricevuti molti giustificano la conferma della scelta di Placido Domingo con le seguenti motivazioni: ‘l’ambiente della musica è un po’ particolare’, ‘avranno avuto (le donne che hanno denunciato) anche loro i loro vantaggi’ ‘non è stato condannato da un tribunale,” si legge nella nota. 

La questione se Domingo canti o meno all’inaugurazione dell’Opera Festival del Teatro Donizetti, non è il focus del nostro intervento: il binarismo ‘Domingo sì o Domingo no’ non ci fa crescere né avanzare di un passo come comunità. Troppo facile, troppo comodo, semplicemente inutile.”

“La decisione di fare cantare questo professionista deve essere piuttosto l’occasione per cogliere il segno di quanto le scelte di qualunque natura (sociale, culturale, economica) non possano prescindere dalla responsabilità dei messaggi sottesi che portano con sé e, quindi, dei valori su cui si fondano. In questo caso il messaggio che il valore del bel canto e della notorietà possa essere contrapposto a quello del rispetto e far passare in secondo piano il tema dell’abuso di potere.”

“Placido Domingo canterà purtroppo  su un palco al quale siamo particolarmente affezionate, ma crediamo che il tema da affrontare sia piuttosto quello che chi doveva considerare le possibili alternative non abbia tenuto conto, anche quando un ripensamento era possibile, della presa di posizione di numerosi teatri in tutto il mondo e delle risultanze di inchieste serie e probatorie, per le quali quei teatri hanno preferito sospendere la collaborazione con il tenore.”

“Nessuno vuole processare Placido Domingo a Bergamo – prosegue la nota –  ma che qualcuno lo voglia fare passare per una vittima non è accettabile. Questa intera vicenda non è che l’espressione di un contesto culturale ancora legato a logiche patriarcali, ma praticare abusi di potere rende comunque responsabili di tali azioni, perché soggettivamente, deliberatamente agite.”

“Possiamo serenamente prendere gli slogan difensivi sopracitati e metterli in un cassetto.

Sarà comodo averli a portata di mano la prossima volta che una stagista in attesa di rinnovo del contratto verrà invitata a fermarsi dopo l’orario di lavoro per fare ‘un po’ di inventario’ con il titolare; o  quando una borsa di studio potrà essere rinnovata, ma la firma dovrà essere messa in ufficio dopo un breve ‘colloquio informale’; oppure nel caso in cui un capo reparto sarà entrato nello spogliatoio femminile per ‘spiegare’ che la catena di montaggio – anche quella, sì – è un ambiente un po’ particolare.”

“Come spiega il collettivo artistico ‘Il campo innocente’ neanche l’arte si sottrae a questa logica: ‘L’arte, la pratica artistica e il fare culturale non è uno spazio neutro né innocente […] Non è separato dal mondo ma interconnesso’. Per questo ‘l’unica censura è quella che omette la violenza, che non riconosce le parole dei soggetti che la violenza la denunciano: la questione non è valutare le opere ma valute le pratiche e le forme di relazione’.”

“C’è un altro aspetto che ci ha colpito tra le reazioni alla nostra lettera.

Le risposte politiche sono state chieste e sono state fornite quasi esclusivamente da donne. In generale i maschi non hanno ritenuto necessario prendere la parola se non per dichiarare, a difesa della scelta, la mancanza di un riscontro probatorio di tipo giuridico, ignorando completamente le inchieste fatte. È come se le molestie sessuali, i ricatti a sfondo sessuale, gli abusi sessuali fossero una questione da donne. Noi sappiamo che non è così: sono anche, sono soprattutto, sono solo questione di logica e di potere maschile.” 

Sono qualcosa su cui, se non si vuole scadere nel solito teatrino insipido tra colpevolisti e innocentisti, i maschi , tutti, ma soprattutto quelli che ricoprono un ruolo politico dovrebbero esprimersi, fosse anche per il solito affermare ‘non tutti gli uomini sono così’. Non tutti gli uomini. Quindi?”

“Fingiamo non sia successo? Non stia succedendo? Fingiamo che interessi qualcun altro, che tacere eviterà che succeda ancora, ancora, ed ancora, perché le cose vanno così e sono immutabili dalla notte dei tempi? Oppure proviamo a domandarci perchè le donne debbano così spesso sottostare a questi ricatti e a queste ‘attenzioni’ per poter avere un posto di lavoro o conservarlo e perché non basti la loro bravura e professionalità?” 

Ecco, possiamo prendere anche lo slogan ‘non tutti gli uomini’ – aggiunge la nota – e metterlo nel cassetto. Anzi no. Possiamo accartocciarlo e gettarlo: è leggero, pesa solo come la carta su cui è stampato, o come l’aria che l’ha portato tante volte alle nostre orecchie, è nulla. Nulla.” 

Ogni maschio di fronte agli abusi e alla violenza è responsabile. Anche, soprattutto, dei propri silenzi, “ conclude la nota del movimento femminista bergamasco.

(Non Una di Meno Bergamo)

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