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L’intervento è avvenuto al Dipartimento di insufficienza d’organo e trapianti dell’ospedale bergamasco, dove in Terapia Intensiva è in corso un braccio di ferro tra il personale sanitario, oramai esausto,e il Covid-19 che fa mancare l’aria nei polmoni di centinaia di pazienti ricoverati.

 

 

Bergamo, 21 marzo 2020 – Un uomo è tornato a respirare grazie a un trapianto eseguito al Papa Giovanni XXIII nel corso di una cruenta battaglia che il reparto di terapia intensiva sta conducendo contro un’epidemia che sta rubando l’aria ai polmoni di migliaia di vittime del covid-19.

Due organi arrivati dal Centro trapianti del Lazio

Si tratta di un paziente di 54 anni, affetto da fibrosi polmonare,che ha ricevuto due nuovi polmoni da un donatore deceduto in un ospedale del Lazio. Quello che fino a ieri era un processo di routine (sono stati 150 i trapianti effettuati a Bergamo nel 2019), oggi ha quasi dell’eccezionale: per l’enorme pressione alla quale è sottoposto il personale del Papa Giovanni XXIII, ma anche quello dell’intera rete trapiantologica nazionale, che sta facendo i conti con il sovraccarico delle rianimazioni e con le forti limitazioni della circolazione.

Una equipe di medici degni di essere chiamati eroi

Nonostante l’emergenza in corso, l’ospedale di Bergamo ha accettato dalla sala operativa romana del Centro nazionale trapianti l’offerta dei due polmoni disponibili e il Centro regionale della Lombardia ha organizzato immediatamente le operazioni di prelievo e trasporto. Un volo privato ha portato a Ciampino i medici bergamaschi Mara Giovannelli e Marco Fabrizio Zambelli, i quali hanno prelevato gli organi e li hanno portati fino allo scalo di Orio al Serio e da lì in sala operatoria. Ad attenderli c’era l’equipe di Michele Colledan, direttore del Dipartimento di insufficienza d’organo e trapianti del nosocomio bergamasco, con i chirurghi Annalisa Amaduzzi e Antonio Camillò e gli anestesisti Giusy Starita e Bruno Carrara.

L’intervento è durato sette ore e mezza: c’è stata una buona ripresa della funzione polmonare e ora il paziente è in condizioni critiche, ma stabili e in progressivo miglioramento, supportato dall’ossigenazione extracorporea “Ecmo”.

«Questo non è solo un trapianto», dichiara il direttore del Centro nazionale trapianti, Massimo Cardillo (in foto), «è uno straordinario messaggio di speranza per tutti i nostri pazienti in lista d’attesa che oggi si sentono minacciati più degli altri dal coronavirus: la Rete trapianti non si ferma, è unita e solidale dal Nord al Sud del Paese e sta facendo il massimo per garantire l’attività di trapianto anche nelle zone più duramente colpite dall’epidemia. Ma è anche l’ennesima dimostrazione delle grandi capacità del nostro Servizio sanitario nazionale», prosegue Cardillo, «ora messo alla prova dall’emergenza. Il ringraziamento va soprattutto al personale sanitario di Bergamo, al coordinamento lombardo e all’ospedale del Lazio che ha segnalato il donatore: stanno tutti lavorando in prima linea senza risparmiarsi», aggiunge il direttore Cardillo.

«Il paziente era in condizioni gravissime e si trovava in terapia intensiva da oltre un mese senza aver avuto opportunità per il trapianto», spiega Michele Colledan (in foto), «anche perché la disponibilità di donatori specialmente qui nel Nord Italia si sta riducendo per colpa dell’epidemia. Quando è arrivata quest’occasione abbiamo pensato tutti che non potevamo sprecarla. Un trapianto di polmone è un intervento complesso»,prosegue Colledan, «ma che qui a Bergamo affrontiamo di frequente, l’anno scorso ne abbiamo eseguiti 13. Ma stavolta è stato necessario uno sforzo enorme in più da parte dell’intero ospedale: in questo momento noi operatori siamo tutti impegnati anche nella cura dei pazienti con polmonite da Covid-19, dall’equipe chirurgica alla terapia intensiva pediatrica diretta da Ezio Bonanomi fino alla pneumologia del professor Fabiano Di Marco che ha seguito il paziente trapianto prima e lo seguirà dopo, così come sta facendo con chi è affetto dal virus,» conclude il direttore Colledan.

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