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L’iniziativa, condotta da Luisa colombo, arteterapeuta, ha permesso la costruzione di un presepe nei locali dell’Ospedale papa Giovanni XXIII ai piccoli ricoverati in Pediatria, in sinergia con i loro familiari e alcuni detenuti delle carceri di Bollate e Bergamo.

Bergamo, 21 dicembre 2018 – Mettere in comunicazione le strutture penitenziarie con altri ambiti istituzionali, come scuole e ospedali per scambi socio-culturali, questo è l’obiettivo del progetto “La capanna che unisce”, che ha avuto come protagonisti i piccoli pazienti dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo (di Pediatria, Trapianti pediatrici, Chirurgia pediatrica, Chirurgie specialistiche e Cardiochirurgia pediatrica), i loro genitori e alcuni detenuti del carcere di Bollate e di Bergamo.

Le attività, svolte dalla équipe di tale progetto, tutti i venerdì di novembre, nella hall della Pediatria, hanno portato alla realizzazione di un presepe sistemato nell’Hospital Street dell’ospedale, accanto alle torri che ospitano la maggior parte dei reparti pediatrici.

Il progetto, condotto da Luisa Colombo, artista e arteterapeuta, responsabile del gruppo “Oltrelesbarre – arteterapia in carcere“ del carcere di Bollate, è stato realizzato grazie al sostegno del Centro Studi Parlamento della Legalità, sezione di Milano e di alcune aziende, che hanno fornito a titolo gratuito il materiale necessario per la costruzione di detto presepe.

Due ore di lavoro sinergico settimanali tra detenuti, genitori e bambini che hanno permesso di realizzare la suggestiva scenografia e i personaggi (pastori, pecorelle, casette, montagne ecc.) del Presepe, in collaborazione con Frate Mauro, della Cappellania ospedaliera dell’Ordine dei Frati minori Cappuccini, e con gli insegnanti della Scuola in Ospedale, Istituto comprensivo “I Mille”.

Lavorare insieme ha dato la possibilità di dare spazio alla creatività di chi si è lasciato coinvolgere da tale iniziativa, ma soprattutto di creare legami e di condividere il tempo e l’esperienza, a favore di situazioni che si sposano perfettamente con le finalità e gli obiettivi socio-culturali dell’ambizioso progetto di costruire ponti e non muri (come dice spesso Papa Francesco).

Collegare i penitenziari ad altre realtà significa soprattutto mettere in comunicazione esseri umani, la cui esperienza è stata segnata da eventi particolarmente dolorosi, che siano malattie e lunghi periodi di ricovero o la perdita della libertà come conseguenza dei reati commessi.

I detenuti presenti, tutti già in regime alternativo di detenzione, sono stati accuratamente scelti dalle direzioni dei penitenziari coinvolti; sono stati una risorsa per i piccoli utenti ma soprattutto hanno vissuto un’opportunità per se stessi, imparando a offrire gratuitamente il proprio tempo ai bambini e alle loro famiglie, attraverso attività ricreative.

Una possibilità che bene si colloca all’interno dei percorsi dell’approccio riparativo, riabilitativo e di rieducazione, all’interno dei quali i detenuti vengono inseriti. È la prima volta che due carceri di città diverse si trovano a collaborare insieme a un unico progetto, rivolto a donare un sorriso ai più piccoli. Decisivo è stato anche l’appoggio, il sostegno e la sensibilità della direzione e degli operatori dell’ospedale Papa Giovanni, che hanno permesso a questa esperienza di riuscire appieno nel suo intento, ponendo le basi per una proficua collaborazione dagli evidenti risvolti umani.

Tale Direzione ospedaliera ha voluto che quest’anno l’immagine degli Auguri dell’Azienda sociosanitaria fosse proprio una fotografia del Presepe.

Un ringraziamento particolare è andato alla Cartiera Fratelli Rotta di Oggiono, Vinavil Spa di Milano, ICMA di Mandello Lario, UPM KYIMMENE Srl di Osnago e Gima Spa di Gessate per il loro sostegno offerto all’iniziativa in questione.

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