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Uno stand allestito a “Orio Center” ha ospitato una équipe di operatori di polizia a disposizione della cittadinanza bergamasca

Bergamo, 14 febbraio 2017

Oggi giorno di S. Valentino la Questura di Bergamo ha scelto di stare vicina alle donne, specialmente a quelle vittime di violenza, con la campagna “…questo non è amore” che ha visto in tutte le province italiane camper, pullman, gazebo e altri momenti d’incontro volti a rompere l’isolamento e il dolore delle vittime stesse, offrendo loro il supporto di una équipe di operatori di polizia (medici, psicologi e rappresentanti dei centri antiviolenza), specializzata in materia di “violenza di genere”, che è stata presente con uno stand presso il locale Centro Commerciale “Orio Center”, a disposizione della cittadinanza, al fine di illustrare tutti gli strumenti normativi che l’ordinamento giuridico mette a disposizione delle vittime di tale violenza.
Quella del progetto CAMPER contro la violenza di genere e’ stara un’idea che ha preso il via l’estate scorsa e, nel giro di sei mesi, ha consentito di contattare oltre 18.600 persone in 22 province italiane, in maggioranza donne, diffondendo informazioni sugli strumenti di tutela e di intervento su situazioni di violenza e stalking, che diversamente sarebbero potute evolvere – tra l’altro – in tragedie familiari (e non e’ la prima volta).
L’iniziativa ha riscosso notevole successo tra i frequentatori del centro commerciale, tant’e’ che un numero cospicuo di clienti (circa 250) ha contattato i poliziotti dello stand per fare loro qualce domanda.
Anche se negli ultimi due anni si e’ verificata una flessione dei delitti tipici di genere: femminicidi, violenze sessuali, maltrattamenti in famiglia, atti persecutori, rispetto agli anni passati, cio’ non ferma l’impegno di prevenzione delle forze dell’ordine, non solo perché il numero delle vittime continua a crescere, ma anche perché l’esperienza di polizia e delle associazioni antiviolenza, da anni impegnate su questo fronte, ha messo in evidenza l’esistenza di un “sommerso” sulla violenze di genere che troppo spesso non si traduce in denuncia: un copione fatto di attenzioni morbose, di comportamenti aggressivi e intimidatori che vengono poi interpretati come espressione di un amore appassionato e di una gelosia innocua, da parte delle madri, sorelle e amiche della vittima (che non invogliano quest’ultima a denunciare il partner violento), che portano a un crescendo di violenza che si alimenta con l’isolamento.
Da recenti staistiche e’ emerso che ogni tre giorni e mezzo, sul territorio nazionale, avviene un femminicidio in ambito familiare o comunque derivante da un rapporto affettivo, mentre ogni giorno, sempre a danno di donne, si registrano 23 atti persecutori, 28 maltrattamenti, 16 episodi di percosse e, infine, 9 violenze sessuali.
Continuando su questo tema, illustriamo, qui di seguito, alcuni dati forniti dalla Polizia di Stato:
gli omicidi di donne in ambito familiare: sono stati 0 nel 2014 1 nel 2015, 0 nel 2016;
gli atti persecutori: 119 nel 2014, 122 nel 2015, 93 nel 2016;
i maltrattamenti in famiglia: 149 nel 2014, 131 nel 2015, 186 nel 2016;
le percosse: 190 nel 2014, 156 nel 2015, 167 nel 2016;
le violenze sessuali: 68 nel 2014, 51 nel 2015, 62 nel 2016.
Oltre alla tutela offerta dalla legge, che va dagli strumenti dell’ammonimento al divieto di avvicinamento fino ai domiciliari e al carcere per i casi più gravi, la battaglia più importante si gioca sul campo della prevenzione in cui la Polizia di Stato è impegnata, non solo nel contribuire attraverso l’informazione al superamento di una mentalità di sopraffazione, ma a fare da sentinella per intercettare prima possibile comportamenti violenti e intimidatori.
In questa prospettiva si muove l’adozione, partita all’inizio dell’anno, del protocollo E.V.A. (Esame delle Violenze Agite) da parte di tutte le Questure d’Italia. Procedura che consente alle volanti di Polizia, chiamate dalle sale operative, a intervenire su casi di violenza domestica, indagando altresì se ci siano stati altri episodi in passato nello stesso ambito familiare. Tutto questo attraverso una procedura che prevede la compilazione di un checklist che, anche in assenza di formali denunce, spesso impedite dalla paura di ritorsioni, consentono di tracciare situazioni di disagio con l’obiettivo di tenerle costantemente sotto controllo e procedere all’arresto nei casi di violenze reiterate.

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